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2019

Andare al cinema a Bangkok è diverso. Camminiamo nel nostro quartiere fino a raggiungere un molo, compriamo per pochi centesimi il biglietto  e attendiamo la nostra barca. Seduti, accanto ad altre quindici o venti persone, osserviamo le barche lunghe fare avanti e indietro sul canale. Sbagliare battellino è facile, davvero. Saliti su quello giusto, mostriamo il biglietto formato francobollo e iniziamo a muoverci per prendere posto sulle panche a metà. Ci sono pochi passeggeri e la barca è davvero piccola.

L’acqua del canale è ingrossata, piove e le coperture laterali e superiori in plastica sono imperlate di grosse gocce asimmetriche. I marinai saltano da un lato all’altro, aiutano i passeggeri a salire e lanciano e ritirano le cime ad una velocità impressionante.

La nostra fermata è sotto un ponte, scendiamo e ci dirigiamo verso il centro commerciale ascoltando le nostre infradito schioccare sul cemento bagnato. L’aria del centro commerciale è gelida. Dal calore umido della stagione delle piogge ci ritroviamo in uno spazio di freddo secco, che rincorre le goccioline di pioggia e sudore sul nostro corpo fino a farci rabbrividire. Seguiamo le indicazioni per raggiungere il cinema.

Abbiamo diverse opzioni, scegliamo quella meno costosa e ci ritroviamo con due pacchi di pop corn inclusi nel biglietto e due sedie a sacco ad attenderci. In alternativa avremmo potuto scegliere delle poltrone con schienale e coperta o un divano intero. Prendiamo posto e notiamo che in sala ci sono solo thailandesi. Non appena le luci si spengono, il solito carosello di pubblicità tinge lo schermo bianco. Ad un certo punto, una pausa spinge i Thailandesi ad acquietarsi.

Compare una scritta in Thai e questi balzano in piedi. Di riflesso ci alziamo anche noi. Una maschera entra nella sala e scorre le poltrone con una luce, indugiando per bene su noi due. Scorre un video. Una narrazione su note emozionali delle grandiose gesta dell’attuale re della Thailandia, il re più ricco del mondo, amico della giunta militare e responsabile occulto dei rovesciamenti e dei colpi di stato che hanno portato alla presidenza dell’attuale primo ministro.

Parte l’inno. Termina il video e mentre le persone si ripiegano su sé stesse riprendendo il loro posto, la maschera svanisce, lasciando spazio ai titoli di testa.

Nel sederci, Save ed io, ripensiamo alla graphic novel apparsa sull’Internazionale in cui veniva denunciata la spiccata tendenza dei giornalisti thailandesi a svanire per poi esseri ritrovati a galleggiare incastrati tra i giunchi sulle rive del Mekong. 

 2020

Quest’estate avevano fatto scalpore le manifestazioni tenutesi a Bangkok in cui i manifestanti indossavano le divise di Hogwarts e cercavano di mettere in fuga Voldemort. Oggi, le foto delle piazze di BKK gremite di protestanti che sollevano paperelle di gomma stanno facendo il giro del mondo. Mi domando perchè della Thailandia e di questo regime si parli solo e se i manifestanti fanno qualcosa di eccentrico, o quantomeno, qualcosa di talmente fuori dalla narrazione canonica da essere degno di essere riportato. Le paperelle di gomma non sono un simbolo, o meglio lo devono ancora diventare, ma una protezione. Infatti questi gonfiabili sono serviti  ai manifestanti per proteggersi dall’acqua urticante che la polizia thailandese usa per disperdere le folle. Ciò che viene chiesto, da mesi, sono riforme, riforme costituzionali che modifichino l’attuale monarchia e le dimissioni dell’attuale primo ministro.

Demonstrators carry inflatable ducks during a rally in Bangkok on Wednesday. Photograph: Athit Perawongmetha/Reuters

Prayut Chan-o-cha è un generale, capo della giunta militare che ha elaborato e condotto il colpo di stato che sei anni fa ha destituito i primo ministro ad interim Niwatthamrong, finendo poi con l’autoproclamarsi primo ministro ad interim, per poi essere eletto ufficialmente a tale carica da una giunta composta integralmente da militari. Essendo lui capo dell’esercito thailandese dal 2010, la lealtà della giunta era cosa scontata.

Il re della Thailandia, che l’anno scorso, proprio nel periodo in cui abbiamo vissuto a Bkk,  ha celebrato le nozze con la sua quarta moglie, è molto vicino al potere militare. Con un patrimonio stimato intorno ai 30 miliardi di dollari, Rama X è il reale più ricco al mondo, ma soprattutto uno dei meno contestabili. Sfogliando una qualsiasi edizione Lonely Planet sulla Thailandia, si possono leggere alcune regole fondamentali di comportamento da tenere in Thailandia. Spiccano, per eccentricità, alcune regole che sono spesso oggetto di chiacchiera tra i viaggiatori, come ad esempio il divieto di calpestare il denaro con i piedi perchè reca l’effige del re. Le leggi a tutela dei reali, in Thailandia, sono tra le più severe al mondo. Nel 2012 aveva fatto scalpore il caso di “zio SMS” ovvero la storia di un uomo di 61 anni condannato a 20 anni di carcere per aver inviato dei messaggi di testo concernenti la famiglia reale thailandese. Scoperti e considerati offensivi, quattro messaggi testuali sono diventati la prova per una condanna ventennale. Pochi giorni fa i leader delle manifestazioni che chiedono al governo di modificare la struttura del potere in Thailandia sono stati convocati per ascoltare le accuse mosse a loro riguardo, accuse che li vedono imputati per lesa maestà.  Le manifestazioni, la libertà di parola e il diritto ad esprimere un’opinione politica sono le basi della democrazia. Essere puniti per aver manifestato dissenso per il regime al potere è sintomo di qualcosa di ben opposto e molto più oscuro, un potere che non ha la sua base nel consenso ma nell’imposizione. 

A pro-democracy protester dressed as a wizard holds up a picture of Lord Voldemort. Photograph: Reuters

Perché i manifestanti prendono simboli dal mondo di Harry Potter, Hamtaro o Hunger Games? Nella storia recente delle manifestazioni Thailandesi gli attivisti hanno dovuto dare sfoggio di creatività attingendo a simboli e immagini in grado di far trasparire il messaggio senza per questo esporsi ai rischi penali derivati dall’uso di alcune parole. Nelle strade come nei social i manifestanti devono stare molto attenti al modo in cui cui manifestano il loro dissenso, altrimenti rischierebbero l’arresto con conseguenti condanne. Criticare l’autorità, in Thailandia è un reato punibile con pene fino ai 15 anni, ma la brutalità della repressione si estende anche nelle strade dove la polizia è autorizzata ad usare mezzi e strumenti brutali, come acqua urticante per difendere folle, anche se pacifiche. Da non scordare che il movimento è composto da giovani, molti ancora studenti.

In Thailandia i giornalisti muoiono se scrivono cose anche vagamente simili a quanto ho scritto io. I manifestanti sono convocati nelle stazioni di polizia, accusati di lesa maestà e con la prospettiva di finire in carcere per 15 anni. Nei negozi, nelle strade e persino accanto allo specchietto della barca che dal nostro appartamento ci ha portato al cinema, le foto del re di Thailandia, incorniciato con fiocchi e fiori gialli, ricordano ai cittadini del potere del re. Non servono teleschermi che mormorano negli angoli, né grandi complotti per controllare una nazione. Gli occhi del re sono ovunque a Bkk, svettano verso l’alto e incrociano lo sguardo incuriosito dei turisti, fissandoli nel profondo perfino nel buio di un cinema. Salgono sullo schermo e cercano quella persona che non si alzerà. La sfidano a non porgere l’omaggio dovuto al re. Li scopre, con la luce di una maschera pronta a fare il suo dovere, far alzare la persona in questione o riportare le sue azioni.

Ecco ciò che non si dice nelle guide su cosa vedere a Bkk o in Thailandia, non si consiglia mai di osservare realmente il paese e di portarsi a casa la realtà, di raccontarla. Forse, così facendo si eviterebbe lo stupore di chi trova carini i manifestanti che levano alte le bacchette di Harry Potter, o il sorriso sul volto di chi ricordando quella piazza se la immagina ora piene di paperelle gonfiabili. E forse, non stupirebbe che il Re abbia passato la prima ondata di pandemia al sicuro nella sua reggia a Monaco.  

Per supportare i manifestanti clicca qui, il sito di Amnesty International permette di dare un contributo alla libertà di parola con una semplice petizione.

n.b questo articolo è stato in parte scritto nel 2019 e in parte nel 2020

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