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Se mi venisse chiesto a bruciapelo in che periodo storico ci troviamo, direi che siamo al punto di non ritorno. Esattamente lì, ammassati gli uni sugli altri sull’ultimo orlo prima dell’abisso, ancorati alla roccia ed incapaci di volare ma intenti a studiare in che modo sovvertire le leggi della fisica. Risponderei che non si tratta di un punto critico, ma da di un punto di svolta che potrà determinare due tipi di rotture: quella con il passato e il sistema disfunzionale in cui siamo immersi o quella con il nostro futuro e tutto ciò che potremmo essere. A determinare se la gravità ci trascinerà nella gola o se le nostre competenze ci consentiranno di fluttuare, o quantomeno planarvi, sono e saranno le nostre scelte. Il mondo ha raggiunto un livello di interconnessione e attenzione tale per cui le verità scientifiche non sono più appannaggio di elitè ristrette ed autoaffermative, ma sono alla portata di tutti, fruibili e condivisibili con pochi veloci tocchi di polpastrello su schermi che sono tutto fuorché inerti.

Friday for Future

Basta un click per determinare cosa verrà visto di più e cosa no,  e se da un lato questo rispecchia sempre una logica di mercato dall’altro è una forma di redistribuzione del potere non ancora del tutto assimilata. Il problema di questo sovraccarico informativo è dato dal tipo di società in cui si innesta, una società iniqua in cui il sapere, e dunque la capacità critica, sono distribuite con le stesse proporzioni della ricchezza, lasciando ampi spazi morti in cui proliferano schemi di disinformazione.  Il pensiero critico e l’istruzione sono il know how che ci consentirà di spiccare il volo, di saltare da quel bordo di terra consapevoli di distanze, forze e tecnologie. L’assenza di questi due elementi cruciali sono ciò che trascina oltre la solidità della terraferma i corpi più esposti e fragili, ma non solo, è anche ciò che sgretola l’integrità della terra stessa.

I movimenti di massa  come Black Lives Matter, Metoo, FridaysForFuture, NonUnaDiMeno e tanti altri stanno unendo quei gruppi marginalizzati e oppressi che hanno finalmente scovato quella voce collettiva ed armonizzata che permette loro non solo di farsi sentire, ma di farsi ricordare e di mettere mano al voto e alla politica.

Tutto passa dalla politica e, in un paese in cui la classe politica si smembra su questioni stantie e obsolete con mezzucci da poco, questo è un serio problema. Servono nuove idee, nuovi sguardi e un nuovo coraggio, quello di persone che abbiano l’umiltà di proporsi solo se competenti e l’onestà di dire che è tempo di prepararsi al salto.

E questo è il rovescio della medaglia di questa nuova forma di dialogo diffuso e politico, la legittimazione altrettanto diffusa che chiunque abbia a portata di mano un cellulare ed un seguito si attribuisce. La forza di questa legittimazione autodeterminata è tale per cui questi singoli vengono legittimati persino dalle agenzie che permettono loro di creare cultura, in qualsiasi forma purché venda. Si perde il conto dei libri pubblicati solo a fronte di un seguito valutabile dalle case editrici come clientela potenziale. Ed è così che una società stantia perde il guizzo al rinnovo e rimane sul quel profilo di terra secca e frastagliata, ignara delle piccole frane che la sgretolano.

Cosa ne sarà di noi, della nostra specie, della nostra civiltà e di tutto ciò su cui ha un’influenza è facile a dirsi: sarà ciò che sceglieremo di essere.

Una società informata, attiva, prospettica ed empatica ha le capacità non solo per sopravvivere, ma per fiorire finalmente e costruire un sistema florido in cui le disuguaglianze e  il “mio a scapito del tuo” sono solo ricordi di un passato primitivo da studiare per imparare, ma di cui, infondo, provare un po’ di vergogna. Questo ci aspetta dopo il salto, se decideremo di saltare. E quindi se mi chiedessero a che punto della storia del mondo siamo, direi proprio così: siamo sulla soglia di una rivoluzione. Siamo sul punto di raschiare le criticità del sistema e di farlo evolvere verso qualcosa di più, quel qualcosa che in scienza politica è solo teorizzato, ma possibile proprio perchè è stato pensato. Noi umani pensiamo quindi siamo e, dunque, possiamo. Siamo sull’orlo di una rivoluzione completa ed equa, in cui nessuno verrà lasciato indietro, a meno che non sia proprio chi rema contro questa rivoluzione, fatta di diritti umani, tutela ambientale e propositiva per il futuro. Potremmo, però, anche fermarci e questo è il rischio, rimanere su quel terreno che crediamo saldo ma che presto sarà rovente dove non sarà dissolto, pronto ad ingurgitarci in voragini enormi e bocche di uragani. Dipenderà tutto da cosa scegliamo, oggi, perchè su questo bordino lo spazio sta finendo e il clima incalza.

Siamo sull’orlo di una rivoluzione che potrebbe passare alla storia come la più importante dopo la seconda rivoluzione industriale proprio perchè non si limiterà a cambiarci la vita in meglio, ma assicurerà un futuro alla nostra specie, alla nostra civiltà, alla nostra cultura. Ecco dove siamo, al punto di svolta, quello in cui siamo chiamati a scegliere. Cosa sceglieremo, questo non oso predirlo, ma spero che sceglieremo di andare oltre, di scoprire quanto ancora possiamo comprendere di questo straordinario universo che abitiamo con occhi per vedere e mente per capire. La scelta dovrà essere collettiva, altrimenti sarà inutile, una scintilla di luce in un mare di nulla, assorbita dalla gravità assoluta di un buco nero. Saremo tutti o nessuno e questa è la nostra più grande lezione, siamo umanità e non singoli individui, siamo sapere e scienza, non deliri di personalità. Siamo globali, siamo tanti e siamo umani, e andremo nella stessa direzione, che sia essa un passo avanti o uno indietro.

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