Cos’è l’alimentazione sostenibile? Cosa c’entra con i viaggi e con il turismo sostenibile? Ebbene l’alimentazione sostenibile è forse uno degli aspetti più importanti e meno divulgati della sostenibilità, in viaggio e non. In questo articolo troverete la definizione del concetto, il perché essa sia fondamentale a casa e in viaggio e in che modo si possa cambiare la propria alimentazione. Cominciamo dalle basi.
Alimentazione sostenibile definizione
Secondo la Food and Agricolture Organization si definisce “alimentazione sostenibile uno schema alimentare che promuova tutte le dimensioni dell’individuo e il suo benessere, che eserciti poca pressione sull’ambiente ed abbia dunque un impatto ridotto, che sia accessibile, che abbia un costo ragionevole, che sia sicuro, equo e culturalmente accettabile. Gli obiettivi dell’alimentazione sostenibile sono il raggiungimento di una crescita e uno sviluppo ottimale degli individui e che supporti il benessere fisico, mentale e sociale dei presenti e delle future generazioni, che riduca il rischio di malattie connesse all’alimentazione e che supporti la preservazione della biodiversità e del bene planetario. Un’alimentazione sostenibile deve rispettare tutti gli aspetti della sostenibilità per evitare conseguenze inattese. [1]
Alimentazione sostenibile cos’è ?
Analizzando quanto definito dalla FAO si evince che l’alimentazione sostenibile sia un tipo di dieta in grado di rispettare la salute e le necessità degli individui, rispettando un criterio di equità globale ed intergenerazionale, avendo al contempo cura di non generare un impatto negativo sull’ambiente e la biodiversità, rispettivamente “un sistema complesso di fattori fisici, chimici e biologici, di elementi viventi e non viventi e di relazioni in cui sono immersi tutti gli organismi che abitano il Pianeta”[2] e “diversità biologica, ossia l’insieme della differenza, della variabilità e della complessità della vita sulla Terra”.[3]. Per essere definito sostenibile un regime alimentare deve essere compatibile con il sistema di credenze locali e dunque, non essere una forzatura contraria alla cultura.
Equità
Questo concetto merita un approfondimento a parte, poiché fondamentale. L’equità implica l’assenza di diseguaglianze nell’accesso al cibo a prescindere dalla condizione sociale o dal luogo in cui la persone svolge la sua esistenza. Nel sistema attuale l’equità non solo non è realizzata, ma appare utopica considerando che circa 821 milioni di persone nel mondo soffrono la fame. Questi dati allarmanti diffusi da Unicef e Fao indicano che 1 persona ogni 9 soffre la fame. La fame è una conseguenza della povertà estrema, ad essa sono connesse gravi patologie e dunque gravi danni alla persona umana, alla sua dignità ed alla sua vita. Solo in India si contano circa 194, 4 milioni di persone affette da malnutrizione, una condizione per il cui corpo è sistematicamente sottoposto a uno squilibrio tra energia e nutrimento,riprendendo la definizione dell’OMS, per cui l’individuo sviluppa gravi e croniche carenze che ne inficiano lo sviluppo e che possono risolversi in condizioni non compatibili con la vita. Sempre in India arrivano ogni anno circa 10 milioni di turisti provenienti da paesi sviluppati ed altamente sviluppati, capaci di produrre un guadagno di circa 240 miliardi di dollari secondo il World Travel and Tourism Council.
Equità intergenerazionale
Il concetto di equità viene però anche esteso alle generazioni future le quali hanno il diritto di condurre una vita con uno standard non dissimile dal nostro, avendo risorse in abbondanza e non essendo sottoposte a privazioni date dall’attività passata. L’equità intergenerazionale ci responsabilizza anche verso chi ancora non esiste e ci invita a ricordare che questo pianeta sarà un lascito le cui condizioni e il cui valore dipende dalle nostre azioni.
Una sociologia per il cibo
Il nostro attuale meccanismo di consumo è insostenibile. Esso però non riguarda solo il modo in cui facciamo acquisti, ma anche il modo in cui ci alimentiamo poiché esso è basato sulla quantità, la velocità e l’accessibilità economica dei prodotti. La teoria della McDonaldizzazione di Ritzer ci suggerisce come nella società contemporanea la tendenza sia quella di razionalizzare tutto, persino il cibo. Il modello McDonald è fatto di pietanze precotte, pronte per essere servite in pochi minuti, in un ambiente semplice ad un prezzo esageratamente competitivo. Ogni attività non necessaria viene soppressa per rispettare l’equazione che pone in relazione velocità, prezzo, efficienza e profitto. Il meccanismo è però un sintomo di una mentalità ben più radicata, di una società vorace, velocissima, in cui non c’è spazio per null’altro che questo sé affamato e intento ad ingurgitare tutto ciò che trova appetibile. Dagli oggetti al cibo, dai vestiti ai viaggi.
Cosa non è sostenibile
Nell’industria agroalimentare ciò che conta è la produzione in scala massiva. Si produce costantemente, seguendo una curva della domanda spaventosa che non fa che salire, chiedendo sempre più cibo, sempre più velocità e diffusione dei sapori. Il profitto è esorbitante e il anche il lavoro che genera raggiunge cifre astronomiche, solo in Italia si stima che almeno un milione di persone lavori nel settore agroalimentare. Si potrebbe parlare di una vera e propria miniera d’oro. Il problema però è che, come per ogni miniera, lo scotto lo pagano l’ambiente, gli animali e le persone che vivono nei luoghi più colpiti dai primi stravolgimenti climatici, dal land grabbing e dalle lotte per l’acqua. A ciò andrebbe sommata la tendenza a produrre alimenti pronti per il consumo, impacchettati in chili di plastica e derivati, utilizzati solo una volta e poi gettati per questioni igieniche. Considerando inoltre che, solo in Italia, ogni anno vengono gettate circa 220 mila tonnellate di cibo per un valore di 15 miliardi, il disastro alimentare è servito.
Carne, carne, sempre carne.
Purtroppo l’evidenza empirica non viene sempre ascoltata, anzi,come fin troppo spesso deve rammentare ai leader del mondo Greta Thumberg gli scienziati parlano chiaro da decenni e l’establishment fa orecchio da mercante. Ed è un mercante astuto, si nasconde dietro finti reclami di libertà e diritto, che sono tutto fuorché rispettosi di questi concetti, per dire al cittadino di non preoccuparsi, che la ragazzina svedese è solo un’allarmista che quella bistecchina è in fin dei conti sacrosanta. Il mercante, spesso, non ha nemmeno bisogno di aprir bocca, perché le nostre abitudini e i nostri affetti ci tengono ancorati a qualcosa che è dimostrato essere un pericolo per il pianeta. Ciò che minaccia il pianeta, non rischia di uccidere solo gli animali e la natura, ma anche noi. La produzione della carne è uno dei settori più inquinanti e devastanti del pianeta. Un settore che non conosce crisi, che impiega milioni di persone nel mondo e produce miliardi di guadagno. L’industria della carne produce il 14,5 % delle emissioni di metano che alimentano l’effetto serra e modificano il clima del globo. Purtroppo, non si limitano a questo. Per ospitare i miliardi di capi di bestiame, tenuti in gabbie strette, sono necessari miliardi di km quadrati, ottenuti dalla deforestazione, dunque dalla distruzione dei polmoni verdi del pianeta. Un giorno, non troppo in là, non avremo più ossigeno, ma la bistecchina, quella sì. Oltre allo spazio il settore della carne ha bisogno di impianti di lavorazione, diversi livelli di trasporto che impiegano combustibili fossili per spostare la merce da un luogo all’altro e consegnarla, infine, al supermercato.
Morte di massa
Per non lasciare fuori dalla discussione un tema cruciale, vorrei introdurre brevemente la questione dello sterminio che ogni anno uccide tra i 60 e 70 miliardi di animali. Questi animali sono allevati per essere uccisi e trattati proprio in conseguenza di questo fatto ultimo. Le condizioni in cui vivono non sono votate al loro benessere, ma all’ottimizzazione. Ciò che deve essere ingrassato viene ingrassato, ciò che deve essere rimosso mutilato, ciò che deve essere abbattuto o usato viene ucciso o preso. Non esiste clemenza nel settore della carne industriale. A voler essere sinceri, nemmeno in quei fantomatici allevamenti etici dove per buona grazia del pastore la mucca può vivere tre anni in un pascolo per poi essere macellata. Senz’altro le condizioni sono migliori, ma questi allevamenti sono davvero pochi visto il costo che un allevamento di questo tipo richiede e, soprattutto, non cambiano il modo in cui percepiamo gli animali: un nostro possesso, un bene di cui usufruire al quale neghiamo la dignità della vita.
Omologazione
Purtroppo anche gli schemi di consumo viaggiano. Le grandi catene aprono in tutto il mondo, che si occupino di vestiario o di cibo. Questo significa che il verbo della carne industriale, del cibo pronto, ha raggiunto ogni angolo del globo, pesi non sviluppati ed in via di sviluppo compresi. In India, potreste facilmente scoprire che il sapore del McMaraja non è poi così dissimile da quello del McChicken o che il CroqueMcDo è solo la versione francese del McToast. Questo significa che a viaggiare non è solo il nome, ma anche le preparazioni e lo standard di produzione. I turisti sono spesso straniti dai nuovi sapori, perciò chi lavora nella settore alimentare cerca di rendere i piatti più accettabili, più adatti al loro palato, perdendo quella differenza peculiare caratteristica della cucina locale. La buona notizia è che la maggior parte dei viaggiatori ama il cibo locale e si impegna a cercarlo, una controtendenza non da poco.
Come comportarsi in Viaggio
Risulta evidente che anche l’alimentazione necessità di essere curata, a casa come in viaggio. Queste sono le regole base per rispettare la sostenibilità alimentare anche in viaggio.
- Mangiate cibo locale. Impegnatevi a cercare luoghi non frequentati da turisti, in cui i locali si fermano a mangiare volentieri e cercate di assaporare il più possibile le differenze di spezie e di sapori. Sentire la differenza tra un piatto cambogiano e uno vietnamita con il solo olfatto è una vera e propria soddisfazione. Consumare prodotti coltivati in loco, ha un impatto positivo sull’economia del paese, soprattutto se acquistati in esercizi a gestione locale.
- Niente fast food. Per quanto comodi ed economici, evitateli. Fanno del male a voi, al pianeta e all’economia locale poiché, per quanto impieghino persone del luogo, sono strutture standardizzate che impongono schemi e sapori occidentali dall’alto e assorbono una grossa fetta di guadagno.
- Prodotti di stagione. Non è semplice, soprattutto in luoghi che si conoscono poco, ma cercate di rispettare la stagionalità e la provenienza dei prodotti, in modo da sostenere l’agricoltura locale e un modello non intensivo.
- Fate a meno della Pizza. A meno che non facciate viaggi lunghi, resistete e buttatevi sul cibo tipico, non cercate rifugio costante nei sapori di casa all’estero.
- Cercare di evitare la carne e i prodotti di origine animale ovunque siate. A volte ciò non sarà semplice, talvolta sembrerà impossibile, ma l’impegno che ci metterete farà la differenza. Alimentazioni a base di vegetali consumano l’ambiente in misura inferiore a parità di valore nutritivo rispetto a quelle che includono prodotti di origine animale, senza contare che sono più salubri per la salute umana.[4]
- Cercate di consumare prodotti freschi e poco imballati
- Usate una lunch box in modo da evitare che il cibo d’asporto venga confezionato. (Ve ne consigliamo due, una grande con tanti contenitori ed una più piccola)
- Rispettate le norme igieniche consigliate, in modo da non contribuire alla diffusione di malattie che avrebbero, tra le altre conseguenze, un grave aumento dell’insicurezza alimentare.
- Non siate severi con voi stessi e con gli altri. Ogni tanto vi capiteranno degli scivoloni, farà troppo caldo per resistere all’aria condizionata del McDonald e ad una bibita fresca, avrete urgentemente bisogno del wifi si Starbucks o avrete troppa fame e afferrerete il primo piatto pronto che troverete al konbini. Sono cose che accadono nella vita di tutti i giorni e in viaggio, dove tutto pare sempre più urgente, accade lo stesso. Cercate di fare attenzione e dopo un errore, ricordatevi che si è trattato di questo, non di un’abitudine sbagliata.
- Cibi sostenibili : locali, stagionali, freschi e non animali anche se, spesso, in alcuni luoghi particolarmente remoti caccia e pesca sono ancora praticate come mezzo di sussistenza.
- Non mangiate specie esotiche. Assaggiare la carne di animali strani o particolarmente esotici è un comportamento pericoloso perchè alimenta bracconaggio e allevamento di animali selvatici, da cui, tra l’altro, possono avere origine alcuni spillover. Spesso ai turisti vengono proposte “carni insolite” come quella di coccodrillo, balena, pipistrello, scimmia, serpente etc. Non commettete l’errore di credere che questa sia un’esperienza imperdibile e locale, spesso sono offerte create esclusivamente per rispondere alla domanda di “esotismo” del mercato turistico.
Perchè è importante stare attenti in viaggio?
Il modo in cui viaggiamo la dice lunga su chi siamo. Scegliere di prestare attenzione alle piccole e grandi cose durante i viaggi è sintomo di empatia e di interesse. Durante i viaggi spesso ci si concede cose che esulano dalla norma, ci si mette alla prova o si prova ad uscire dalla propria zona di comfort, ragion per cui i viaggi vengono spesso presentati come una scuola di vita. Fare scelte sostenibili in viaggio, significa farne molte di più a casa. Scindere le due sfere, mutilerebbe irrimediabilmente il vostro proposito perché la scomoda e difficile verità è che non esiste una sostenibilità a metà. In viaggio, inoltre, avrete un reale influsso su un altro paese, sulla sua popolazione, sulla sua società, la sua economia, il suo ambiente e i suoi animali. Essere accorti e impegnarsi perché questo influsso sia positivo e non dannoso è fondamentale per costruire un mondo migliore, più equo e dove non esistano più paesi sviluppati che depredano paesi poveri. Basta davvero poco per cambiare il mondo, basta una scelta. Voi avete il potere di cambiare il mondo e, visto l’interesse mostrato verso questo articolo, avete la volontà di farlo e questo è il vero fattore in grado di fare la differenza.
[1] “Sustainable Healthy Diets guiding principles” .
[2] Treccani.
[3] Treccani.
[4]. Munari, Schiano di Pepe, “Tutela Transazionale dell’Ambiente”, ed Il Mulino, Urbino, 2012