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Come riconoscere Greenwashing e Socialwashing

Il greenwashing è una strategia di marketing finalizzata a generare un’immagine particolarmente attenta all’ambiente dell’azienda, del brand o della persona.

Il termine nasce dall’unione tra green (verde) e washing (lavaggio), si tratta quindi di dipingere un’immagine positiva, falsa o parzialmente falsa, che distolga l’attenzione dai comportamenti meno virtuosi o che illuda sull’impatto del prodotto o del comportamento in questione.

Analogamente, con social washing si intendono quelle inziative di marketing e comunicazione che restituiscono un’immagine etica dell’azienda atta ad ottenere un rientro economico e a distogliere l’attenzione da comportamenti non rispettosi e/o poco virtuosi.

Il social washing si verifica anche nei social media quando viene promossa un’immagine aperta e attenta ai temi sociali al solo scopo di attirare consumatori e/o fidelizzare i follower.

Come riconoscere pratiche di greenwashing e socialwashing?

L’idea alla base dei “washing,” è quella di creare un’immagine positiva che non corrisponde alla realtà e che, quindi, è in grado di fuorviare i consumatori/follower. Per riconoscere tattiche di questo tipo è necessario valutare la proposta del brand, la coerenza con quanto promuove e la tracciabilità di quanto afferma.

Le date degli obiettivi sono lontane o usate per promettere trasparenza, fino ad allora però i dati non saranno forniti.

Da notare “entro il 2030”: quasi dieci anni per arrivare a usare materiali riciclati o “altri” materiali sostenibili, senza specificare quali.

Uso di percentuali e statistiche senza verificabilità.

Grazie Nestle per aver tolto il 15% di plastica, adesso devi solo abolire il lavoro infantile nelle tue catene produttive, smettere di privatizzare fonti di acqua potabile, diminuire l’inquinamento, smettere di fare promozione non etica e smettere di fare tutte le altre fantastiche cose che solo a elencarle ci vorrebbe un’enciclopedia.

Esagerazione ed esaltazione di traguardi, obiettivi e impegni anche se minimi

Uso di termini vaghi e senza significati condivisi, quindi che non prevedono standard o certificazioni ufficiali, e del colore verde per invogliare l’acquisto.

Impegni non precisati che non accennano ad alcune componenti essenziali della sostenibilità presentata solo come una questione ambientale.

Creazione di una singola collezione etica/sostenibile/green e non conversione della produzione

Potevate anche avvolgere il pupo in una bandiera arcobaleno, hai fatto 30 fai 31 così hai Greenwashing, Blackwashing e Pinkwashing, tutto bisogna spiegarvi…

Trattazione di tematiche sociali “virali” in contrasto con ciò che fa la persona/brand per fini pubblicitari o per restituire un immagine impegnata e attenta.

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La persona/brand si pone come unica fonte autorevole e/o non fornisce fonti e mezzi per verificare quanto dice facendolo passare per merito personale.

Fare il minimo indispensabile esprimendo giudizi aspri su comportamenti più virtuosi per ottenere una legittimazione per contrasto.

Effetti del Greenwashing e del SocialWashing

Il greenwashing e il social washing hanno effetti negativi poiché indirizzano persone interessate a temi sociali e ambientali verso pratiche, comportamenti e abitudini di consumo non coerenti con quanto promesso. Inoltre l’assedio visivo e mediatico di queste forme di marketing e selfpromoting rende le persone sempre più scettiche al punto che uno studio di Cone Communications ha quantificato, tra 2008 e 2012, una riduzione di fiducia nel termine “green” pari al 12%. Lo scetticismo verso ecologia e sostenibilità è diffuso e il greenwashing lo sta alimentando.

Trattare la sostenibilità in maniera superficiale ed incompleta rischia di svuotare il termine dei suoi significati e ne mina l’efficacia. Strumentalizzare temi sociali e le lotte alle diseguaglianze per profitto o per arricchire la narrazione, in funzione di ciò che è percepito come un trend, crea una reificazione ed una delegittimazione delle istanze. I brand finiscono con il recepire l’importanza di una questione solo in termini di guadagno a scapito di giustizia ed equità che non vengono ritenuti rilevanti. Azioni di questo tipo impediscono ai singoli e al sistema di cambiare forma mentis e quindi di raggiungere quei traguardi essenziali per abbattere le diseguaglianze e tutelare in maniera adeguata il pianeta e chi lo abita. L’esistenza di questi fenomeni deve essere sì percepita come un campanello d’allarme, ma anche come uno stimolo ad informarsi e a non riporre la propria fiducia in un’unica fonte. Inoltre, è sintomatica del fatto che la società stia cambiando, l’attenzione crescente verso temi sociali e ambientali non può che essere positiva. La scelta di scadere in tattiche di greenwashing, socialwashing etc, è scorretta e certamente deve portare a dubitare dell’etica e delle reali intenzioni di chi lo pratica.

N.B. La perfezione non è conditio sine qua non per trattare argomenti inerenti alla sostenibilità o alla lotta alle diseguaglianze sociali, ma l’onestà intellettuale sì.

Per costruire un mondo migliore, più equo e sano, è necessario promuovere comportamenti ed ideali autentici, plurali e non viziati nella forma dalla ricerca di tornaconto.

Fonti:

  • “Social Accountability and Corporate Greenwashing”, William S. Laufer, Journal of Business Ethics, vol. 3
  • “GREENWASHING: A proposal to restrict its spread”, Markham, Anshuman, Beckman, Journal of Environmental Assessment Policy and Management, vol.16
  • Data drives ESG investing—but too much data inspires greenwashing, Dewi, The Economist
  • “Social washing”, Terminologiaetc.it
  • “Avoiding the greenwashing trap: between CSR communication and stakeholder engagement,” Vollero et al.
  • “The laguage of persuasion in politics”, Partington, Taylor

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