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Mappa Azovstal, ma è quella di un gioco da tavolo: L’importanza del fact checking

Settimana scorsa nel corso di vari programmi televisivi (Piazza pulita, Porta a Porta e Controcorrente) è stato mostrato lo spaccato dell’acciaieria Azovstal, quella che negli ultimi giorni era diventata il bunker del battaglione Azov e l’ultimo baluardo di resistenza a Mariupol. In realtà quella che è stata mostrata non è altro che la mappa del gioco da tavolo “Blackout, Journey into darkness” che aveva provato ad autofinanziarsi tramite la nota piattaforma di crowdfounding Kickstarter.

Negli ultimi anni si sono verificati diversi episodi simili a livello nazionale e internazionale di video presi da videogiochi e ricondivisi come inerenti alla crisi del momento. I videogiochi più usati per produrre questi video sono solitamente simulatori realistici di guerra, come Arma III, DCS World, con mod che ne aumentano la qualità grafica rendendoli praticamente identici a riprese reali. Ma come mai vengono messi in circolazione questo genere di filmati e come mai i grandi media tradizionali non riescono a identificare le fake news? Bisogna considerare innanzitutto che sui social media vengono condivisi giornalmente milioni di immagini e video da persone che cercano il contenuto virale per avere più visibilità possibile, purtroppo la FOMO (fear of missing out) e la voglia di avere sempre più interazioni con i propri contenuti porta gli utenti singoli a condividere fake news pur di diventare “famosi” ed essere ricondivisi.

In mezzo a questa moltitudine di contenuti non filtrati da nessuna redazione, resi pubblici e più o meno visibili dai vari social media ci sono le redazioni tradizionali. Anche qui però i giornalisti sono soggetti alla pressione di trovare nuove notizie sempre più velocemente per offrire notizie sempre più sensazionalistiche a un pubblico abituato a ricevere migliaia di stimoli a ogni ora del giorno dai propri onnipresenti smartphone.

In questo clima di terrore di essere tagliati fuori dalle notizie del momento, dalla fama e dalle “bolle” le persone si spingono passo dopo passo verso il sensazionalismo allontanandosi da un etica lavorativa senza pensare alle conseguenze che una fake news può comportare. Ma chi ci guadagna da tutto questo e come mai non sempre le fake news sono frutto di sbagli innocenti o sviste grossolane?

Nell’esempio iniziale dell’immagine dell’acciaieria Azovstal chi ci guadagna da tutta questa confusione è proprio la propaganda filo-russa. Lo stesso Corrado Formigli cita come fonte che ha riportato l’immagine su twitter Sergei Markov, politico ed ex consigliere di Putin. Ma questa immagine è stata ripresa da molti profili filo-russi proprio per dimostrare che all’interno dell’acciaieria fossero presenti laboratori di armi chimiche.

Al giorno d’oggi le guerre sono combattute anche con la disinformazione e tutte le propagande lo sanno molto bene , la Russia in particolare ha istituito una vera e propria fabbrica di troll e fake news, appositamente creati per fomentare e indirizzare dove ritiene più opportuno la vastissima platea di internet. A proposito Jessikka Aro ha investigato su questa fabbrica di troll e pubblicato il libro “Putin’s Troll” dove ne spiega il funzionamento. A seguito della pubblicazione ha dovuto lasciare la Finlandia per un’intensa campagna d’odio messa in atto contro di lei e ripetute minacce di morte.

Il fact checking oggi più che mai non deve più essere visto come uno strumento utile solo a giornalisti e redazioni ma dovrebbe essere adottato da tutti noi ogni qualvolta stiamo condividendo una notizia di qualsiasi tipo su uno dei nostri social media. La verifica di notizie oltretutto non è mai stata facile come negli ultimi anni, come farla? Basta una velocissima ricerca online tramite i principali motori di ricerca, cercando una conferma della notizia sulle principali agenzia stampa e testate giornalistiche e se anche in questo modo non si è sicuri all’ora la regola è non postare e non condividere.

Piazza Pulita Azovstal

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